Compagno di scuola di Arturo Paoli e del prof. Carlo Del Bianco, tra i primi futuri organizzatori della Resistenza lucchese, a cui era legatissimo, Nino Russo Perez, palermitano, classe 1915, giunge a Lucca insieme alla famiglia per seguire il padre, funzionario del ministero delle Finanze. Un brusco mutamento di ambienti che lascia non poche tracce nel suo animo e che Nino rievocherà anni più tardi in alcune pagine della raccolta di racconti Gli amici di Lucchesia, 1961, ispirate a sentimenti di contenute malinconia e ironia: "L. è una piccola città, cinta di grandi mura alberate. Il giorno colora non più che di rosa le sue vie anguste ed oscure. Nell'umida sera, ogni casa borghese accoglie intorno ad un lume un circolo di visitatori, tra i quali raramente manca un prete o un frate." Studente non particolarmente brillante frequenta il liceo classico lucchese "Machiavelli" e si laurea a Pisa in scienze giuridiche e amministrative. Nel 1937 Un nuovo trasferimento familiare: questa volta ad Alessandria, e poi, nella primavera del 1940, a Venezia dove Nino diviene segretario particolare del prefetto. A testimonianza di un sentimento amicale intenso e profondo, Russo Perez e Del Bianco si tengono in costante rapporto epistolare sino al novembre 1942 e non sono rare le visite di Carlino Del Bianco nella città dei dogi.
Dopo l'8 settembre, mentre il professore lucchese dà vita alla prima formazione partigiana della Lucchesia costituita da 21 elementi in gran parte suoi ex studenti del liceo "Machiavelli" ora universitari, Russo Perez partecipa alla costituzione dei primi nuclei armati della Resistenza a Venezia. Partigiano combattente della Brigata Matteotti ferroviaria col soprannome di "Rupe", Nino guida la squadra di collegamento del Comando di Piazza della città lagunare. Due destini simili, l'uno e l'altro nel segno di una radicale, generosa opposizione all'occupazione tedesca e al fascismo saloino. Nel caso di Del Bianco, però, il prudente Comitato di Liberazione Nazionale lucchese non darà mai l'ordine per una qualunque azione e la formazione del prof. Del Bianco non diventerà mai operativa. Invece, giunge la direttiva di occultare le armi e sciogliere quel piccolo gruppo partigiano perché si valutava che ogni azione militare sarebbe stata prematura. Intanto la Guardia Nazionale Repubblicana scopre l'esistenza di quella piccola organizzazione, ne individua i componenti e inizia a stringere da presso i loro parenti e amici, mentre anche la situazione del docente si va facendo sempre più rischiosa: il CLN decide allora di allontanare dalla sua città Carlo Del Bianco. Accompagnato a Firenze da Roberto Bartolozzi, operaio della Teti, partigiano comunista a capo delle Squadre di Azione Patriottica della città, destinato a cadere a sua volta nelle strade di Lucca alcuni mesi più tardi, Del Bianco sale sul treno che deve portarlo a Venezia per incontrare il fidato amico e compagno di studi liceali Nino Russo Perez. Non lo trova; riprende allora il treno per tornare indietro. Alla stazione di Padova salgono nel vagone due SS e Del Bianco, temendo di essere scoperto, si getta dal convoglio in corsa all'altezza di Rovigo. Un salto rovinoso che lo lascia gravemente ferito lungo i binari. Portato in ospedale, subisce l'amputazione di entrambe gli arti inferiori e muore il 31 marzo 1944.
Nel posto dove fu raccolto quasi agonizzante, un mucchietto di cenere testimonia che Del Bianco, con le ultime forze residue, si è liberato di fogli e documenti da lui ritenuti compromettenti per sé e per gli altri.
Russo Perez, invece, sopravvive alla lotta di liberazione. Negli anni 1947/1948 lo ritroviamo nel comitato di redazione del settimanale "Rinascita socialista", organo del Partito socialista dei lavoratori italiani che si occupa di cronaca politica e sindacale, locale e nazionale. Collaboratore del "Secolo Nuovo - Avanti", di "SempreAvanti", di lo "Stato Moderno", scrive anche sulla terza pagina del "Gazzettino di Venezia". Giornalista, saggista e scrittore dopo aver pubblicato in gioventù Compagni solitari. Racconti, Alessandria, 1939; torna sui suoi anni nella Città delle Mura, che tanto l'avevano segnato, con Gli amici di Lucchesia (due o tre Sicilie), 1963, e con l'antologia poetica Dareavere, 1976. In questa silloge, nel testo che apre la raccolta, In memoria di Carlo Del Bianco, Nino Russo Perez che in un verso si autodefinisce "io povero notaio delle nostre memorie", ricorda e celebra dell'amico l'inquietudine esistenziale e il sacrificio: "Ma a chi di noi / t'ha chiuso in un lenzuolo / d'aromi e ha rotolato /sopra di te la pietra del sepolcro / tu sfuggi cancellandoti di luce".