Anno XI 
Lunedì 1 Settembre 2025

Scritto da Redazione
Politica
11 Aprile 2025

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"La legge regionale della Toscana sul fine vita non aggiunge nulla, dal punto di vista normativo, ai diritti già assicurati alle cittadine e ai cittadini dalla sentenza della Corte costituzionale 242 del 2019, conosciuta come "sentenza sul dj Fabo". Ciò che la legge Toscana garantisce, alle persone che decidono di optare per questa strada e possiedono le quattro condizioni che la sentenza individua, è di rendere uguale per tutti la procedura: fissare i tempi entro cui i comitati etici delle Asl devono dare una risposta; se l'Asl dice no, come e in che tempi la persona può fare ricorso; se i farmaci del fine vita li fornisce l'Asl o li deve pagare il privato. E se sono ospedalieri, in che modo può procurarseli. Senza una legge regionale di questo tipo, ogni Asl avrebbe continuato ad andare per conto proprio: la Regione Toscana ha avuto quindi il merito di evitare il caos, e semplificare il percorso per le cittadine e i cittadini".

Ha cercato di fare chiarezza su un provvedimento normativo molto complesso, l'iniziativa promossa dal gruppo "Dare un'anima alla sinistra" che si è svolta alla Pecora Nera e dal titolo "Cosa cambia concretamente per tutte e tutti noi, con la nuova legge regionale sul fine vita, da poco introdotta in Toscana?".

Dopo la presentazione del consigliere comunale Daniele Bianucci, gli interventi sono stati di Felicetta Maltese e Laura Favilla dell'associazione Luca Coscioni e di Paolo Malacarne medico ed ex primario di terapia intensiva del policlinico di Pisa, noto anche perché nel 2023 ha seguito il caso di un malato che ha scelto il suicidio medicalmente assistito.

"Le quattro condizioni per le quali è consentita la morte assistita sono stabilite già dalla sentenza della Corte costituzionale del 2019, e non dalle legge regionale – è stato spiegato durante l'iniziativa - la persona che ne fa richiesta deve essere perfettamente capace di intendere e di volere, deve avere una patologia irreversibile, che le provoca gravi sofferenze fisiche o psichiche e deve sopravvivere grazie a trattamenti di sostegno vitale. Se ci sono questi quattro requisiti, il medico che aiuta la persona non è penalmente perseguibile".

"Aiutare a morire una persona che ha un unico modo per terminare la propria sofferenza, da parte di un medico fa parte della relazione di fiducia con il paziente e la sua famiglia – ha spiegato Paolo Malacarne – C'è bisogno di una linea di confine che tuteli i fragili - nessuno deve essere indotto al suicidio per ragioni economiche, o perché si sente un peso - e lasciare uno spazio di relazione, di cura e di fiducia. È sbagliato anche contrapporre le cure palliative al suicidio medicalmente assistito: perché sappiamo bene che anche laddove ci sono le cure palliative c'è sempre una percentuale di persone che sceglie il fine vita".

"Dare un'anima alla sinistra" è un progetto che si presenta con l'obiettivo di "fare formazione politica, per il cambiamento e l'unità dell'area progressista". L'iniziativa nasce a seguito della presentazione dell'omonimo libro di Vannino Chiti: da lì è partita una serie di appuntamenti di approfondimento e studio, aperti a tutte e tutti, che si articolano come una vera e propria "scuola di formazione politica". La proposta è in rete con "Progressisti in cammino", un'associazione di fatto coordinata - a livello toscano - da Filippo Lombardi, e alla cui costruzione ha lavorato anche Chiti.
Per informazioni è possibile contattare il gruppo "Dare un'anima alla sinistra" inviando una mail a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..

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