Era la notte fra l’8 e il 9 settembre dello scorso anno, quando in via Coppino a Viareggio avvenne un fatto che per giorni e giorni avrebbe fatto parlare di sé letteralmente in tutto il mondo. Un evento che tutti noi ci ricordiamo, grazie soprattutto a quelle immagini di una telecamera di videosorveglianza dislocata lungo la strada, che meglio di mille parole ci raccontò quanto accaduto. Il 24 settembre in tribunale a Lucca inizierà il processo di primo grado che vede alla sbarra Cinzia Dal Pino, imprenditrice balneare viareggina di 66 anni. Le accuse nei suoi confronti sono gravissime: omicidio volontario con l’aggravante della crudeltà. Rischia l’ergastolo. Fatta questo necessaria premessa, è bene chiamare in causa, come non fa quasi mai più nessuno, la memoria storica di questo disgraziatissimo Paese. Eravamo nell'estate del 1943, l'Italia era in ginocchio stremata dalla guerra e gli italiani stanchi e arrabbiati, affamati e devastati. Il 25 luglio, però, cadde il Governo Mussolini e la speranza di potersi, finalmente, sottrarre al giogo della dittatura albergò negli animi della gente. Invece no. Il Governo Badoglio diede ordine di reprimere con estrema violenza ogni tentativo di insurrezione e rivolta popolare e migliaia furono, in quei 45 giorni, le vittime della repressione di un Governo che avrebbe, invece, dovuto aiutare gli italiani a risorgere. L'8 settembre fu il giorno dell'armistizio. Il 9 settembre il re e la famiglia reale con tutto lo Stato Maggiore fuggirono ignominiosamente verso Pescara abbandonando l'Italia e gli italiani nelle mani dei tedeschi vendicatori. Anche in questo caso non furono distribuite armi a chi era disposto a combattere per il proprio Paese evitando di farlo cadere nelle mani dell'ex alleato. Anche in questa circostanza ogni tentativo di risorgere dalle rovine di un Paese distrutto dai suoi generali felloni e dalla sua classe politica, andò fallito. Anche qui migliaia di italiani, i migliori, vennero lasciati a combattere, soli e senza armi, contro i nazisti perché tutti, monarchia, nazismo, Vaticano, Alleati, su una cosa erano concorsi: le masse non dovevano essere armate e correre il rischio di prendere il potere e farsi, magari, giustizia da sé.
Oggi siamo nel 2025 e la situazione non è cambiata. Non importa se non esiste sicurezza per le strade e nelle case, non interessa a nessuno se la sensazione di impotenza e sottomissione ha ridotto gli italiani a esseri invertebrati, non serve a niente prendere atto che viviamo in una società senza ordine immersa nel caos, dove nessuno può e deve difendersi, ma soltanto cedere e subire. Anche oggi chi risponde e/o si fa giustizia da sé, finisce diritto in prigione rischiando, a seconda dei casi e come Cinzia Dal Pino, addirittura, l'ergastolo.
Noi avevamo già manifestato solidarietà a questa imprenditrice anche perché nessuno può immaginare che cosa farebbe qualora venisse aggredito e rapinato da uno dei tanti, decine di migliaia, delinquenti, italiani compresi, che i nostri governanti da strapazzo - sinistra o destra non fa alcuna differenza, basta vedere i numeri di questi giorni - fanno entrare senza nemmeno chiedersi perché.
E' evidente che il caso di Cinzia Dal Pino dovrà essere un esempio tale da far capire a tutti che difendersi da sé, al di là delle conseguenze, dovrà essere impedito e punito. Stiamo marciando a grandi passi verso una società in cui la violenza e il crimine commessi, in particolare, da immigrati, la fanno da padroni. Non serve a niente affidarsi alle forze di polizia che hanno le mani - e anche i piedi - legati e niente possono fare per non rischiare procedimenti disciplinari e penali. Quando nessuno c'è a cui chiedere aiuto, è inevitabile fare da sé. Se qualcuno ci rapina e, magari, quei soldi sono ciò che ci permette di vivere, reagire non è un dovere, ma un obbligo morale. Qui ha ragione Roberto Vannacci quando sostiene che la legittima difesa è sempre legittima, in ogni caso.
Certo, dare ragione a Cinzia Dal Pino significherebbe, appunto, fare come si sarebbe dovuto fare nel lontano 1943, ossia lasciare che il popolo si ribellasse alla dittatura e alla fame e si riprendesse in mano il proprio destino. Con il rischio, concreto, che anche altra gente imiti l'imprenditrice viareggina nella convinzione che chi fa da sé fa meglio e, soprattutto, fa per tre. Nessun partito né politicante né magistrato può ammettere questa libertà. E, forse, è giusto così.