Politica
Viareggio, la maggioranza manda un comunicato ma mancano le firme di Zappelli e Bertolucci: Del Ghingaro perde pezzi?
Dagli esponenti di maggioranza del Comune di Viareggio riceviamo e pubblichiamo il seguente comunicato, in risposta all'ennesimo attacco ricevuto dall'opposizione di centrosinistra. Al termine della nota, l'elenco…

Elezioni regionali, Minniti senza soste: dopo Baldini, adesso “randella” anche Bartolomei
Giovanni Minniti, atto secondo. L'ex assessore al sociale del Comune di Lucca in quota Lega - silurato pochi mesi fa dal suo stesso partito -, prima ha…

Salvadore Bartolomei candidato alle regionali
Ebbene sì, indiscrezioni giornalistiche confermate: sarò candidato per le prossime elezioni regionali del 12/13 ottobre. La mia è chiaramente una candidatura di servizio

Gattuso... la Nazionale e Michelangelo
"Popolo di Santi e di navigatori". Questa la più nota delle definizione affibbiate, benevolmente, agli abitanti dello Stivale. In verità, per come vanno le cose di questi tempi,…

David Zappelli candidato con Giani? Il Pd di Viareggio: "Per coerenza esca dalla maggioranza Del Ghingaro"
“Apprendiamo dalla stampa che il capogruppo della Lista Blu nel Consiglio comunale di Viareggio David Zappelli sia candidato in una lista civica regionale che fa parte della coalizione…

"Tegola" per Lucca Jazz Donna: problemi di salute per Antonella Ruggiero, salta il concerto del 28 settembre
Niente concerto finale in San Francesco per la 21^ edizione di Lucca Jazz Donna. A causa di un problema alle vie respiratorie, Antonella Ruggiero ha annullato tutte le…

Punto di situazione, senza uscita
Il ritorno di Gret(in)a, novella Jean d’Arc(a di Noe’), dà una svolta melodrammatica al confronto israelo-palestinese, tanto da far quasi svanire il nocciolo della questione. E allora, a modo mio, provo a riportare la palla al centro

Alessandro Tambellini candidato alle elezioni regionali: "Ho dato la disponibilità, è stata accolta"
È strana la vita: pensavo di aver davanti un po’ di tempo da dedicare soprattutto agli interessi culturali e agricoli che hanno segnato la mia giovinezza, e invece mi trovo ancora in prima linea sul fronte della politica...

Terremoto nella Lega a Viareggio: si dimette l’intero Consiglio direttivo comunale in protesta contro la linea Vannacci
Colpo di scena nella Lega a Viareggio: con una nota inviata alla stampa mercoledì pomeriggio, infatti, il segretario comunale del Carroccio Maria Pacchini annuncia le sue dimissioni dall’incarico…

Elezioni regionali, il gran rifiuto di Valentina Mercanti: "Inaccettabile il listino con rappresentanti di una sola area politica"
Ho deciso di non ricandidarmi come consigliera regionale. È una scelta che faccio con dispiacere, ma anche…

- Scritto da Redazione
- Politica
- Visite: 439
"La premier italiana Giorgia Meloni mi piace molto. Vediamo cosa succederà per i dazi sulle merci italiane". Così si è espresso recentemente il nuovo presidente americano Donald Trump. La nostra leader ha ringraziato a stretto giro, confermando il feeling venuto a crearsi con il "tycoon". Non c'è dubbio alcuno che la politica cammini sulle gambe degli uomini e delle donne che la praticano e che spesso le intese più vantaggiose siano quelle costruite anche sulla simpatia, la qual cosa rappresenta certo un vantaggio per il nostro Paese. Lo è non solo per i migliori rapporti bilaterali che potranno venire con la nazione più potente del mondo nei cui confronti lo Stivale è chiamato a serbare imperitura riconoscenza per quanto ottenuto dal dopoguerra a oggi. La scelta atlantica che Alcide De Gasperi fece collocando l'Italia nell'ambito degli Stati liberali ed occidentali ci ha infatti resi immuni dalle tragedie e dagli stenti che hanno, invece, dovuto subìre i paesi finiti, loro malgrado, nella sfera d'influenza socialista a guida Urss. In pratica l'altro versante della "cortina di ferro", come la etichettò Winston Churchill, per definire i due blocchi contrapposti: americani da una parte, sovietici dall'altra. Tra l'alto occore sottolineare come dei legami tra Usa e Italia si sia parlato sempre troppo poco nel nostro Paese, a causa dell'egemonia culturale di una sinistra che ha preferito esaltare il ruolo svolto dalle formazioni partigiane (soprattutto quelle comuniste) durante la Resistenza, minimizzando il contributo dato dalle forze armate alleate nella liberazione dello Stivale. Il tutto solo per dimostrare che la Repubblica era nata unicamente dalla lotta antifascista. Il resto lo ha fatto il solito pregiudizio nei confronti dell'America ritenuta la patria di quel capitalismo che avrebbe poi soppiantato le tesi del marxismo e del collettivismo così care agli eredi del Pci. Insomma, Roma e Washington sono sempre state politicamente in sintonia, al di là di quello che potevano pensare i nipotini di Togliatti. Una sintonia fondata anche sul vincolo diplomatico e militare rappresentato dalla Nato. Tuttavia, per quanto grande fosse la differenza tra i nostri due paesi, mai le nostre scelte di politica estera hanno dovuto inchinarsi ai voleri d'oltreoceano. In soldoni: l'Italia non ha mai avuto ruoli sottoposti di servilismo nei confronti del grande alleato. Nella vicenda dell'aeroporto di Sigonella (ottobre del 1985), ad esempio, Bettino Craxi (allora primo ministro) e Giulio Andreotti (ministro degli Esteri) seppero difendere le prerogative dello Stato (e della sovranità territoriale), impedendo ai militari americani della Delta Force, di prendere d'assalto l'areo con a bordo i terroristi che, assaltando la nave italiana "Achille Lauro", avevano ucciso un cittadino statunitense (di fede ebraica) disabile, Leon Klinghoffer. Lo stesso è accaduto in altri frangenti con l'Italia che ha sempre saputo sottrarsi ai disegni a stelle e strisce. Insomma sul piano della dignitosa interlocuzione diplomatica e politica tra realtà sovrani ancorché alleate tra loro, Roma non ha mai ceduto e, se lo ha fatto, ciò è avvenuto nell’ambito di un più vasto e complessivo disegno europeo. Ora, se tra i leader del Vecchio Continente Giorgia Meloni è stata l'unica invitata al giuramento del neo inquilino della Casa Bianca, questo vorrà pur dire qualcosa. Oppure vogliamo pensare che la premier sia stata invitata solo perché "simpatica"? E se invece Trump intendesse affidare al nostro Paese un ruolo diverso in Europa? In tal caso: quale? Una cosa, in ogni caso, va detta. Al di là delle assonanze, Meloni non deve cadere nella trappola identitaria, di omologazione politica e di prassi di governo, di chi l'associa, anima e corpo, a Trump!! In Italia la politica risale a Machiavelli. La cura dello Stato? Si fonda sulle lotte risorgimentali. Nel nostro Paese la Repubblica è nata per redimersi dalla dittatura fascista ed oggi si basa sul rispetto della Costituzione. Stiamo parlando di capisaldi intangibili per chi è chiamato a governare lo Stivale. Sarà quindi bene che la "simpatia" che pure intercorre tra Donald e Giorgia non sia intesa come propriamente etimologica, ossia quale condivisione di passioni, non fosse altro perché simpatia (etimo greco) e compassione (etimo latino) sono, in parte, sinonimi. All'opposto, Giorgia deve rimanere molto lontana dalla politica del "volemose bene". La leader di FdI deve smarcarsi dal vecchio modello ideologico della destra sociale, ma anche dalla visione dello Stato che Trump incarna, evitando di accettare elemosine e benevolenze. Se vuole (e sappiamo ne è capace!), la nostra premier deve diventare protagonista in Italia ed in Europa sposando il progetto di una destra liberale, forte di un capitalismo ben temperato ed aperto al futuro, che sostanzialmente non abbia niente a che fare con quello finora praticato e deprecato dai classici detrattori di sinistra. Su cosa puntare? Semplice: Stato minimo e libertà economiche, decisioni non mediate dagli interessi clientelari; inserimento di criteri di merito e misuratori di efficienza nell'apparato pubblico, senza indulgenze; taglio delle tasse e riduzione del debito e degli sprechi; politiche energetiche e nucleare sicuro. Dear Giorgia, ricordi: il paternalismo è sempre la prima arma di un tiranno!!
- Scritto da Redazione
- Politica
- Visite: 1230
La tregua raggiunta per volontà di Trump – inutile che Sleeping Joe Biden provi a reclamarne la paternità – è ben strana. Normale che per ogni ostaggio della nazione che più ci tiene a liberare i propri, l’avversario ne possa chiedere molti di più. Per cui non vedo nulla di strano che Israele per 3 ragazze prese in ostaggio il 7 ottobre 2023, debba rendere 90 e più detenuti, per lo più per terrorismo.
Mi sembra singolare invece che Israele, che aveva preso alla gola l’avversario infliggendo perdite pesantissime anche fra la leadership, abbia mollato la preda. Non credo che abbia paura che venga meno il sostegno dello zio Sam: la fortissima lobby ebraica d’oltre Atlantico non lo consentirà. L’unica spiegazione rimane che, forte di pluridecennale esperienza e consapevole che la distruzione di Hamas in questa occasione non sia possibile, il governo israeliano ritenga che tanto anche questa tregua debba finire. La violeranno, come sempre è stato, e discuteranno su chi ne avrà la responsabilità.
Preciso che la distruzione è impossibile perché ha costi forse insostenibili in termini finanziari, di tempo, di sangue proprio. L’unico che per Israele abbia un qualche valore.
Sanno bene a Gerusalemme che la guerra non finirà mai, e che “2 popoli, 2 stati” rimane utopica soluzione di chi forse non ha le idee chiare e non conosce la situazione. Quando non si tratta di slogan che ha quale unico obbiettivo quello di sostenere una parte. Fra l’altro in uno dei due Stati prenderebbe assai probabilmente il potere un partito – Hamas – che vuole la distruzione dell’altro. Una contraddizione in termini, in quanto da 2 si tornerebbe a 1 Stato. La sua vittoria nelle libere (?) elezioni palestinesi sarà assicurata dal fatto di aver ottenuto l’importante risultato auspicato dal mondo intero. Ma che per l’estremismo palestinese è solo propedeutico a buttare a mare Israele, come si voleva fare nel 1947-’48, completando il lavoro dei nazisti.
Quindi Israele rispetta la campana che chiude il round, si dà una rinfrescata, prende un po’ d’integratori, massaggia i bicipiti e si tiene pronto a ripartire al prossimo scampanio. Come farà Hamas.
Più articolato, per risultati, lo show dei militanti di Hamas. Conferma che in quel mondo – non solo palestinese, ma soprattutto islamico – rabbia e manifestazioni selvagge, intimidatorie e offensive, siano il solo modo conosciuto di proporsi. Forse per questo oggi, nelle nostre piazze, si è iniziato a seguire quel modello comportamentale, ostentando protervia e prepotenza. Con una differenza: laggiù Israele con un blitz, due cannonate, un drone, ti fa abbassare la testa, quando non te la porta via. Qui Israele non ha giurisdizione.
Un’ulteriore domanda affiora fra le brume del mio pensiero sovraffaticato da troppe reminiscenze storiche. Qualora Hamas dovesse iniziare a prevalere, dopo aver ottenuto “2 Stati-2 Popoli”, coloro che sostenevano questo programma di pace, cosa faranno? Continueranno a far casino per strada bruciando bandiere e sfondando vetrine, o stavolta – speriamo – lasceranno in pace il povero italico sparring-partner di tutti i rompi-coglioni d’Europa?